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Channel: La Piccola BlogTeca degli Orrori di MisterZoro
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E3 2017 - MICROSOFT CONFERENCE

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Com’è andato questo E3 2017, la fiera più importante dell’anno in campo videoludico, orgia visiva e quando va bene non soporifera di conferenze su tutto quello che ci aspetta nell’anno in arrivo.
Come tutto, in questo bar, è un discorso fra me e me (e voi, se vi va) su cosa è andato, su cosa proprio no, sui titoli che si sono rivelati più interessanti e farmi così un’idea di quanto mi renderà povero quella che in fin dei conti sarà la lista della spesa 2017/2018.
Birra fresca e si parte.

Il mio rapporto con le console di casa Redmond è come quello che ho col PC Gaming: ci siamo amati, è stato bello, ma l’amore è finito e non ci parliamo più da anni.
Per questo speravo nel botto dell’annuncio della nuova Project Scorpio, che fra parentesi era un nome fighissimo ma pare se lo siano perso per strada per questione di diritti (non chiedete), botto che non c’è stato perché il nuovo scioglilingua XBOX ONE X si è rivelato in soldoni quello che ho sempre temuto fosse: una pompatissima, incredibilmente potente risposta a PS4 Pro. Un anno in ritardo.
Per quanto molta gente si masturbi selvaggiamente con termini quali Teraflops, 4K, HDR, la nuova XBOX non è altro che l’ennesima console mid-gen, certo è a tutti gli effetti la console più potente mai creata, ma girala come vuoi, incaprettala col 4K (che non è vero4K ma un 4K UHD, ricordiamolo) e quella rimane sempre una XBOX ONE, il che significa poche esclusive di rilievo, una base worldwide installata ben al di sotto della concorrente diretta PlayStation4 e la terza versione della stessa macchina in poco più di tre anni e mezzo.
Avrei apprezzato una presa di posizione netta del tipo “Ok, con la ONE abbiamo scazzato, ripartiamo da zero con Scorpio ed esclusive pesanti” ma se avete seguito la conferenza sapete che così non è stato.
Ora, tutti si sono strappati i capelli per il prezzo, e ok 499 Euro di questi tempi non sono pochi, ma a fronte di un comparto tecnico così all’avanguardia non sono neanche tanti, infatti a quel prezzo è venduta pure in perdita.
Il vero problema secondo me è un altro: a chi è indirizzata davvero questa console?


A chi vuole venderla Microsoft questa bestia di potenza, questo suo modello Elite di ONE, quando il suo fratello medio ONE S (che supporta il 4K ma non nativo) ormai è in vendita a 300 Euro di meno?
Al netto dei figli di papà viziati di cui è sempre pieno il mondo:
- chi non possiede una TV 4K
- chi possiede già una PS4/PS4 Pro.
- chi ha appena comprato una XBOX ONE S
- chi gioca su PC
- chi della retrocompatibilità se ne frega (o magari possiede ancora le console old gen)
- chi cerca killer application e non semplicemente una Steam Machine per multipiatta
questa console non la comprerà, perché non ne sentirà minimamente il bisogno.
Forse i possessori della ONE lisciail cambio lo faranno a fronte di qualche buona offerta (se arriva) ma neanche tutti, perché dopo aver speso 500 sacchi tre anni prima (Kinect incluso nel colon) quanta voglia avranno oggi di ripetere l’esperienza? E a fronte di quale parco titoli?
Già, il parco titoli, il vero punto debole della nuova console Microsoft: cosa ci ha mostrato questo E3 2017 di tanto interessante da poter spingere le vendite del nuovo bestione?

Ci si riempie la bocca con “42 giochi in uscita” 22 dei quali in esclusiva, poi vai a guardarci dentro e sono quasi tutti indie di merda dei quali il migliore sembra essere ORI AND THE WILL OF THE WISPS, e tolti i multipiatta rimangono una manciata di first party loffi come il non richiesto da nessuno CRACKDOWN 3 e l’ormai famigerato THE SEA OF THIEVES, l’ennesima monnezza di Rare che graficamente sfigurerebbe pure su un tablet, che è un po’ come avere un lanciagranate e caricarlo a gavettoni. Geniale.



La carrellatona dei multipiatta risulta infatti molto più interessante dei titoli first party: ASSASSIN’S CREED ORIGINS, con la tanto desiderata ambientazione egiziana e le nuove meccaniche di combattimento/crescita personaggio, è semplicemente spettacolare; DRAGON BALL FIGHTERZè una gioia per gli occhi, un picchiaduro 3D con meccaniche in 2D sulla falsariga di Street Fighter 4, una roba allucinante che sembra portare in vita le tavole del manga;





METRO EXODUS non dice nulla di nuovo ma graficamente sembra tanta roba, quello che lascia il segno però è ANTHEM, nuova IP di Bioware a mezza via fra Titanfalle Mass Effect Andromeda, un TPS bellissimo da vedere che promette esplorazioni e battaglie co-op open world.
Mostruoso, come da aspettative, il nuovo FORZA MOTORSPORT 7, la cura del dettaglio va oltre al maniacale e i suoi 60 fps sembra difenderseli bene, ma siamo sempre dalle parti del gioco di nicchia, non ci piazzi milioni di console con un gioco di guida, né con la promessa di avere upgrade grafici per i third party rispetto alla concorrenza.




Di sicuro non l’hanno piazzata a me, che speravo di vedere una nuova era 360, con nuove IP proprietarie coraggiose, quando invece la direzione intrapresa è sempre più lontana dagli antichi fasti, ed è un peccato, davvero; questa è la stessa azienda che anni fa ci ha dato Mass Effect, Bioshock, Alan Wake, Gears of War, Left 4 Dead, Halo…dove sono finite le palle per rischiare e la voglia d’innovare?!
Va bene la potenza, ma noi videogiocatori vogliamo i giochi o della potenza non ce ne facciamo una sega!
Magari lo zoccolo duro cederà a ondate, senza contare la massa di fanboy verdi che la prenderanno senza neanche avere un TV 4K in casa, ma senza vere esclusive a supporto e un valido piano di rinnovamento delle IP questa console nasce morta ancora prima di uscire.
In bocca al lupo Microsoft, ne riparliamo alla prossima versione della console, tra un paio d’anni.

E3 2017 - UBISOFT / EA / BETHESDA CONFERENCE

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Com’è andato questo E3 2017, la fiera più importante dell’anno in campo videoludico, orgia visiva e quando va bene non soporifera di conferenze su tutto quello che ci aspetta nell’anno in arrivo.
Come tutto, in questo bar, è un discorso fra me e me (e voi, se vi va) su cosa è andato, su cosa proprio no, sui titoli che si sono rivelati più interessanti e farmi così un’idea di quanto mi renderà povero quella che in fin dei conti sarà la lista della spesa 2017/2018.
Birra fresca e si parte.
  

EA vince a mani basse per la conferenza più noiosa del mazzo, che attenzione non vuol dire deludente eh, ma con tutta la parte eSports e Fifa fanno un latte che lasciamo perdere.
Si accenna ad
ANTHEM (per non togliere alla conferenza Microsoft uno dei suoi unici motivi d’interesse), poi si parla di NBA LIVE 18, di un DLC per BATTLEFIELD 1, della modalità Storia di MADDEN NFL 18 e si riconferma la Journey di FIFA 18, personalmente ormai gli sportivi li passo abbastanza in scioltezza.

Molto più interessanti (a mio gusto) il nuovo
NEED FOR SPEED: PAYBACK di Takedown (Burnout) che sembra davvero notevole, nella speranza che finalmente questa saga venga reboottata come si deve, e STAR WARS BATTLEFRONT II, che implementerà una modalità storia (versante imperiale) oltre che ad un comparto online già rodato col precedente.
La nuova IP è
A WAY OUT, titolo co-op a due giocatori dove devi collaborare/fuggire/sparare/forgiare/irrompereinunbagnoaCagliari con un amico per far uscire di galera il fratello capelluto di Chiellini e il suo socio. Interesse personale: ben più che zero, ma a qualcuno può anche interessare visto che di Army of Twoal tempo sono riusciti a tirarne fuori ben due.

La conferenza Ubisoft è di quelle ricche di ciccia ed è infatti tra quelle che mi hanno convinto di più.
Si parte subito in quarta con uno schizzatissimo strategico a turni con sezioni platform fuori di testa per Nintendo Switch,
MARIO + RABBIDS: KINGDOM BATTLE, e se mi vergognassi di dire che m’interessa non avrei comprato una Switch per principio, e invece. THE CREW 2 deve farsi perdonare un primo capitolo terrificante e giustamente ignorato dal mondo, perciò la spara grossa con la possibilità di guidare mezzi anfibi e volanti, chissà.


ASSASSIN’S CREED ORIGINSè sempre una meraviglia e tra ambientazione e rinnovamento mi farà tornare alla saga dopo anni, non vedo l’ora, meno per quanto riguarda SKULL & BONES, gioco piratesco pare solo online che sfrutta battaglie navali ed abbordaggi da Assassin’s Creed Black Flag: chiariamoci sembra un gran bello e dà delle piste a quella merdina di The Sea of Thives, ma fosse davvero solo online passo, non ho più il tempo.

Altre nuove IP sono
TRANFERENCE per VR e STARLINK, gioco in stile Skylanders con astronavi montabili da poter modificare e guidare in game, la solita roba insomma, anche se i mezzi non sembrano male e l’interazione sembra molto valida. SOUTH PARK: SCONTRI DI-RETTI, FAR CRY 5 e l’annuncio sorpresone di BEYOND GOOD & EVIL 2 chiudono il tutto, Ubisoft ci crede e si vede.
Breve e abbastanza meh la conferenza Bethesda invece, che lancia DLC per
DISHONORED 2 e THE ELDER SCROOLS ONLINE al popolo, nonché la versione Switch di SKYRIM con tanto di costume da carnevale di Link sbloccabile tramite Amiibo.
Come detto del VR frega zero, ma sono sicuro che i fan di DOOM e FALLOUT apprezzeranno di certo la possibilità di giocare col caschetto. Con Doom pare includeranno anche il Travelgum, ma solo nella Collector.
Sorpassando a destra
QUAKE CHAMPIONS, i titoli più interessanti sembrano essere THE EVIL WITHIN 2 e soprattutto WOLFENSTEIN: THE NEW COLOSSUS, che oltre ad aggiungere all’universo ucronico della serie un balzo grafico non indifferente sembra pompare al massimo fantascienza retrò e misticismo, e da fan di Hellboy sinceramente non chiedo di meglio.


E3 2017 - SONY CONFERENCE

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Com’è andato questo E3 2017, la fiera più importante dell’anno in campo videoludico, orgia visiva e quando va bene non soporifera di conferenze su tutto quello che ci aspetta nell’anno in arrivo.
Come tutto, in questo bar, è un discorso fra me e me (e voi, se vi va) su cosa è andato, su cosa proprio no, sui titoli che si sono rivelati più interessanti e farmi così un’idea di quanto mi renderà povero quella che in fin dei conti sarà la lista della spesa 2017/2018.
Birra fresca e si parte.
    

La conferenza Sony era stata annunciata come asciutta e veloce, e sinceramente non avrei trovato termini più adatti: filmato, gameplay, filmato, gameplay, filmato, filmato, gameplay, saluti.
E la madonna cos’è tutta sta fretta?
Niente console nuove a ‘sto giro e grazie a Dio, che la figura dei precipitevolissimi la lasciano tranquillamente a Microsoft, ma tanti giochi, la maggior parte dei quali (va detto) già annunciati e mostrati l’anno scorso, la qual cosa mi ha fatto storcere il naso non poco dato che quasi tutto pare datato 2018.
Certo poteva andare peggio, potevano finire nel gorgo del tempo come
Shenmue 3 e Final Fantasy VIIRemakee penso che dopotutto duemiladiciotto non è duemilaechissà.



Tanti giochi, dicevamo: due DLC per cominciare in bellezza, quello scaricabile per
HORIZON: ZERO DAWN, FROZEN WILDS e quello stand alone di UNCHARTED, THE LOST LEGACY, che non mostrano molto di nuovo ma ormai sono in dirittura d’arrivo (2017).DAYS GONE, ennesima esclusiva, si rifà vivo e porco giuda pur non essendo chissà quale capolavoro di tecnica (siamo a metà fra The Last of Us e The Division) mette sempre una discreta angoscia e sembra atteso per il 2018.


Segue carrellata di multipiatta di contorno:
MONSTER HUNTER WORLD fa sbavare i giapponesi e gasa i kawai di tutto il globo, MARVEL VS. CAPCOM INFINITE sembra sempre il solito circo, carico di divertimento fino a esaurimento scorte e sempre troppo impegnato a scimmiottare più Smash Bros. che Street Fighter (mortacci sua) e l’immancabile CALL OF DUTY WWII che si sofferma sul gameplay: sarà il solito successone sicuro, anche se a me sembra roba già vista, sarà per il fatto che sono vecchio io e che ricordo ancora COD 2 su come se fosse ieri, mah…



Ancora first party Sony:
DETROIT: BECOME HUMAN di Quantic Dream sembra spettacolare, il gameplay acchiappa un sacco, graficamente è mostruoso e pare si sia tornati ad una vasta rete di possibili scelte morali come in Heavy Rain, ma dopo l’incularello Beyond: Two Souls e la sua strada a senso unico fidarsi sarà dura, per questo sicuramente non sarà Day One, almeno per me.
Il remake di
SHADOW OF THE COLOSSUSnon me l’aspettavo e nemmeno lo aspetto, avendo già vissuto ed apprezzato quella bellissima e struggente esperienza videoludica ai tempi di PS2, ma una nuovissima veste grafica potrebbe dargli nuova vita soprattutto tra i giocatori più giovani che hanno apprezzato The Last Guardian, così come per CRASH BANDICOOT: N.SANE TRILOGY che è sempre un piacere.



GOD OF WARè, nonostante le meccaniche riviste, il titolo che mi ha colpito meno tra le esclusive PlayStation, apprezzo il cambio di marcia anche perché non se ne poteva più di GOW tutti uguali tra loro, ma non è la bomba che ci si aspettava anche se ad occhio è ancora ben lontano dall’essere completato.
Non mi soffermo tanto sul VR, tra i giochi presentati spiccano
BRAVO TEAM, MOSS e soprattutto SKYRIM VR, e hai detto niente. Aggiungo che personalmente del VR non potrebbe fregarmene di meno, ma è bello sapere che Sony non abbia già abbandonato coloro che hanno dato fiducia a questa tecnologia nata vecchia.

La ragione dell’esistenza di KNACK 2mi sfugge, ma poco importa, perché tanto se lo sono dimenticati già tutti un minuto dopo, figuriamoci dopo il nuovo gameplay del nuovo SPIDERMAN di Insomniac!
Pura meraviglia: gameplay veloce e dinamico, combattimenti concatenati come nel
Batman Rocksteady, una New York dettagliatissima nella quale spenzolare in libertà e (si) qualche QTE di troppo.
Nota a margine: il costume con quegli inserti bianchi continua ad essere orribile, spero nei costumi sbloccabili con la consapevolezza di chi sa già che arriveranno a pagamento e li comprerà.
L’ho già detto che è un’esclusiva PS4? Ora l’ho detto.




Microsoft prendi nota su come si fa a scimmiare i giocatori, anche senza titoloni di punta, se ti sbrighi magari non muori domani stesso.

Tanta carne al fuoco insomma per SONY, che non sgancia atomiche come l’anno scorso (o che le riannuncia) ma risulta comunque più concreta della diretta concorrente e sempre attiva, soprattutto sul fronte esclusive first party, con le quali sbaraglia Microsoft senza se e senza ma.




E3 2017 - NINTENDO SPOTLIGHT e tiriamo le somme...

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Com’è andato questo E3 2017, la fiera più importante dell’anno in campo videoludico, orgia visiva e quando va bene non soporifera di conferenze su tutto quello che ci aspetta nell’anno in arrivo.
Come tutto, in questo bar, è un discorso fra me e me (e voi, se vi va) su cosa è andato, su cosa proprio no, sui titoli che si sono rivelati più interessanti e farmi così un’idea di quanto mi renderà povero quella che in fin dei conti sarà la lista della spesa 2017/2018.
Birra fresca e si parte.
 


Nintendo, come sempre, vuole fare la voce fuori dal coro, quindi niente conferenza, invece del solito Directtira fuori Nintendo Spotlight, ma il risultato non cambia: mezz'ora scarsa di video e fa semplicemente impazzire tutti.
Tutti si aspettavano un video monotematico sul SUPER MARIO ODISSEY in arrivo a fine Ottobre, e fortunatamente non è stato così, anche se ovviamente ha avuto il suo spazio: il nuovo gioco dell’idraulico si è mostrato in tutta la sua variegata meraviglia, e sinceramente non vedo l’ora di metterci le mani sopra, ma…questa era solo la punta dell’iceberg.
Perché Nintendo ha lanciato una serie di bombe una dietro l’altra tali da fare impallidire le altre conferenze.
Si parte con
XENOBLADE CHRONICLES 2, seguito di uno dei cinque giochi degni di nota per la maledetta Wii, e il gioco si presenta nel migliore dei modi: vasto, enorme, impegnativo, una botta di vita che garantirà decine di ore di avventura sulla nuova ammiraglia Nintendo.



La compagnia di Kyoto non è rimasta con le mani in mano e si vede: oltre al reveal dei nuovi DLC di
ZELDA THE BREATH OF THE WILD si parla anche di FIRE EMBLEM WARRIORS, di una versione Switch per quella droga di ROCKET LEAGUE, dell’arrivo di SKYRIM, di POKKEN TOURNAMENT e dei nuovi giochi di YOSHI e KIRBY.


Ma dice che non basta. E infatti arrivano altre due atomiche.
METROID PRIME 4 annunciato ufficialmente. Samus Aran tornerà finalmente in grande stile a completare il parco titoli dei grandi eroi Nintendo. Non mostrano altro che il titolo, è vero, ma basta e avanza per far azzerare la salivazione al mondo.


Ma Nintendo pare insensibile alla resistenza delle coronarie dei suoi fan, e infatti a metà conferenza ci ammazza tutti: Tsunekazu Ishihara, capoccia di The Pokémon Company, annuncia l’arrivo di un nuovo GDR
POKEMON curato da Game Freak specificatamente per Nintendo Switch! Dio esiste!
Non Pokkencoso lì, non Mystery Dungeon, non cazzate limitrofe, finalmente un titolo ufficiale.
Se ci stanno trollando è la cattiveria maxima, ma se non lo è... lo scopriremo solo vivendo, si parla di
almeno un anno di sviluppo, il che se non sono stronzi si traduce in Natale 2018, ma chissenefrega, abbiamo aspettato 20 anni, uno in più non ci cambia niente.


E Nintendo, l’ormai sottovalutata Nintendo, vince a mani basse questo E3.

Ma ora tiriamo un po' le somme.


COSA MI HA LASCIATO QUESTO E3?
Non mi aspettavo molto a dire il vero, e i fatti mi hanno dato ragione: molte IP già viste lo scorso anno hanno rifatto capolino senza essere ancora troppo vicini all'uscita, ma tra sorprese e conferme sono riuscito ancora ad emozionarmi, e a 33 anni (di cui 26 da videogiocatore) non è affatto male direi.
Grandi assenti per quanto mi riguarda:
THE LAST OF US II, pare per preciso volere di Naughty Dog giusto per non mettere troppo in ombra il suo UNCHARTED THE LOST LEGACY, INAZUMA ELEVEN ARES, primo capitolo del nuovo corso della saga ruolocalcistica di Level-5 (ma ci sarà sicuramente un Direct in arrivo, devo solo pazientare) nonché il nuovo titolo in lavorazione dalle parti di Sucker Punch del quale ancora non si sa nulla...d’altronde di carne al fuoco ce n’è parecchia in arrivo, qualcosa da giocare lo troverò di sicuro.

E su cosa si è soffermata la mia attenzione dopo queste conferenze?
Un moderato interesse per
DRAGON BALL FIGHTERZ e ANTHEM ce l’ho, soprattutto il secondo bisogna vedere come e quanto si evolverà da qui all'uscita, così come NEED FOR SPEED: PAYBACK, DAYS GONE e WOLFENSTEIN: THE NEW COLOSSUS dovranno dimostrare pad alla mano quanto valgono, ma le prospettive sembrano ottime.
In quanto fan della saga principale,
UNCHARTED THE LOST LEGACY sarà un acquisto obbligato, a maggior ragione se non verrà proposto a prezzo pieno, e MARIO + RABBIDS: KINGDOM BATTLE promette divertimento strategicamente folle da ogni angolazione sembra una meraviglia: la mia voglia di giocarci in co-op con gli amici è già fuori scala.

Dovessi scegliere 3 e solo 3 titoli di questo E3 (anche perché il tempo per giocare è quello che è)
SUPER MARIO ODISSEY, SPIDERMAN e ASSASSIN’S CREED ORIGIN vincono senza dubbio il mio personalissimo E3 2017 (e il podio Day One), e la promessa di un capitolo ufficiale di POKEMON su Switch mi rende il giocatore più felice del mondo.
Here We Go!


IN ARRIVO LE PILLOLE ESTIVE!

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Con l’arrivo dell’estate (all-in di caldo e afa, out con controbuio altissimo di voglia di vivere) il già precario inanellarsi di post subirà/ha subito/Fantozzi #piangiamo un drastico calo di frequenza: il tempo per scrivere è diventato sempre meno, in ufficio il lavoro aumenta per questa simpatica tradizione di coperture e turn over tra colleghi in ferie, quindi se già scrivevo poco prima qui siamo ufficialmente in zona risparmio energetico.
In ogni caso, tra film recuperati in home video e roba vista ma della quale non ho mai scritto il materiale non manca, anzi, scatterà quindi a breve la modalità Pillole: tranquilli, niente droga, solo recensioni brevi e mirate da chi ha poco tempo per scriverle per chi ha poco tempo per leggerle.
Ci sarà un po’ di tutto, da serie Netflix a film attualmente nelle sale, da filmoni e filmetti in home video a giochi divorati e spiluccati tra PS4 e Nintendo Switch, da considerazioni su quanto schifo mi faccia questo schifo di afa in val padana a quanto sono vicino dal farmi assumere al Milan pure io (tanto stanno comprando tutti, uno in più cosa vuoi che cambi), un po’ di tutto insomma.
Come al solito, opinioni non richieste e perculate doverose comprese nel prezzo.
State nei paraggi, si comincia quanto prima.


SPIDER-MAN: HOMECOMING - LA RECENSIONE SENZA SPOILER

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Le #Pillole iniziano qui ed oggi!
Vediamo, con cosa possiamo iniziare per partire col botto? Rece di SPIDER-MAN: HOMECOMING?
Ma si dai...





L’Homecoming nel gergo USA è il ballo di fine anno, la serata in cui il tizio anonimo della scuola si veste tiratissimo, si trova una compagna per il ballo e, se ce n’è, porta la palla in meta per la prima volta.
Il titolo del nuovo Spiderman targato Marvel/Sony ti spiattella in faccia subito tutto quello che è, tutto quello a cui punta: celebrare il ritorno all’ovile del personaggio più iconico della Casa delle Idee, inserendolo finalmente nel suo habitat d’appartenenza, e rimarcare che il suo SPIDERMAN HOMECOMING è effettivamente un film di formazione, incentrato sulla cresciata e maturazione di quello che, ancora giovanissimo, è già un simbolo, il supereroe in divenire.
Tom Holland, già apprezzato in Captain America Civil War, torna ad interpretare Peter Parker e il suo amichevole arrampicamuri del Queens nel suo primo film da protagonista e lo fa da star già affermata.
D’altronde il giro d’informazioni, foto ufficiali e non, backstage, anticipazioni, trame (che ormai ha ampiamente sfondato il tetto del ridicolo) ci ha preparato a dovere a quello che avremmo visto in sala, e se già le premesse erano già belle alte, il risultato è ampiamente sopra le aspettative.




SPIDER-MAN: HOMECOMING è un altro tassello del grande Marvel Cinematic Universe, ok, ma prima di ogni cosa è una pellicola divertente, un film giovane rivolto principalmente ad un pubblico giovane, che mantiene un tono scanzonato dall’inizio alla fine, di pari passo con la parabola che sotto i nostri occhi disegna la maturazione del giovanissimo Peter.
Quello di Holland è un Peter Parker decisamente sveglio e meno sfigato di chi l’ha preceduto (il tontissimo Maguire e il nervoso Garfield), e il suo alterego rossoblu è un giovane iperattivo vigilante che cerca di mettersi in mostra in tutti i modi agli occhi di quegli Avengers che già ha aiutato (e combattuto) in precedenza, raccattando spesso notevoli figure di tolla.
Il ragazzo è intelligente, si applica, ma mira palesemente troppo in alto per il momento.
Il film di Jon Watts rimarca molto bene la questione, a partire dal costume fantascientifico avuto in dono da Tony Stark (poi ci arriviamo) che non è in grado di controllare al non riuscire a focalizzare il proprio ruolo, dal non comprendere ancora a fondo le proprie capacità alla consapevolezza di dover sfruttare il proprio talento per il bene altrui, talento da affinare a dovere per poter affrontare un nemico ben al di là della sua portata.
E qui veniamo al meglio: Adrian Toomes, contraltare perfetto del giovane Peter di belle speranze, è uno dei villain più umani e riusciti di tutto il MCU.




L’Avvoltoio di Keaton è un personaggio ambiguo, lontano dal solito antagonista bidimensionale, è un uomo qualunque che s’è fatto supercriminale per disperazione, profondamente risoluto e con un suo perverso senso dell’onore.
Michael Keaton è stata una scelta azzeccatissima, ma si sa che quando gli metti addosso un costume da uccello quello ti tira fuori LA performance, dice che si trova a suo agio, sarà.
Villain e protagonista azzeccati, e il resto? Il resto segue a ruota, spiccano la spalla comica Ned e la love interest Liz, un improponibile Flash Thompson (bullo 2.0, non per sport ma per soldi), la simpatica Michelle e la cinquantenne Zia May di Marisa Tomei fanno più che altro da sfondo, e fortunatamente il Tony Stark di Robert Downey Jr. è usato con moderazione: dai trailer si temeva una sovraesposizione del personaggio, ma Watts ne centellina l’ingombrante presenza nei momenti giusti e senza strafare, elevando il personaggio a mentore assenteista per il giovane Spidey, nonché surrogata figura di riferimento paterna dato che qui, incredibilmente, lo Zio Ben che schiatta e molla sulle spalle di Peter predicozzo, responsabilità e senso di colpa a vita non c’è.




Niente origini (almeno stavolta): il morso del ragno è giusto accennato, la questione della responsabilità=motivazione è affrontata diversamente ma l’essenza del personaggio risulta intatta e, anzi, decisamente svecchiata e adattata al cambio di visuale dei ragazzi d’oggi.
Divertito e divertente l’ormai doveroso giochetto metareferenziale cinematografico/fumettistico che fa ovviamente il suo, tra rimandi a (magari futuri) villain di serie B, situazioni riprese da serie come Amazing o Ultimate, citazioni più o meno esplicite di un universo condiviso dove, a forza di colpi di retcon, questo SPIDER-MAN: HOMECOMING trova una sua collocazione e una sua identità ben precise.
Tutto oro quello che luccica, quindi? Non proprio: la prima metà del film non scorre come dovrebbe, le lungaggini di troppo sono parecchie, il Queens non è Manhattan (chi ha visto sa), le scazzottate sono un po’ mosce e la nuova armatura di Stark è di una bruttezza rara, appena sotto quella Panne &Fragola di Iron Man 3.




Ma nel quadro generale il film ne esce comunque bene, forte di un villain e un protagonista perfetti, ci si affeziona facilmente a questo giovane scavezzacollo col costume tecnologico e la figura da fesso sempre dietro l’angolo, al suo mondo diviso tra doveri e altridoveri, alla combriccola di amici/rivali che gli ruota attorno e a quel suo desiderio di fare la propria parte in un mondo di Dei e superumani.
Non siamo certo davanti al miglior film sul personaggio (che ad oggi rimane lo Spider-Man 2 di Raimi, nonostante vantasse il protagonista più sbagliato della storia), ma questo giovane Ragno ne ha ancora parecchia di strada (spianata) davanti a sé, e sarà bello vederlo crescere passo dopo passo, sapendo quale grandezza lo attende.
Bentornato Peter, bentornato a casa Marvel.

VOTO, SE PROPRIO DOBBIAMO FARE NUMERO: 7 ½



PS: Quella cosa dell'ultima scena post credit...non osate rifarlo mai più

RESIDENT EVIL: RICOSTRUIRE DALLE CENERI

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E’ notizia di qualche settimana fa che James Wan, regista sceneggiatore e produttore che ha collezionato successi principalmente nel genere horror, è stato scelto dalla Constantin Film come figura di riferimento per il reboot totale della saga cinematografica di Resident Evil.
Ora, chi mi conosce o abbia mai avuto modo di leggere qualcosa scritto dal sottoscritto sa benissimo quanto sia profondamente contrario al concetto stesso di reboot, ma se voleste proseguire con la lettura vi spiegherò comunque perché, nonostante questa mia ferma presa di posizione in merito, a mio discutibilissimo parere il reboot di
Resident Evil sarebbe una FOTTUTISSIMA MANNA DAL CIELO.


Qui in veste di produttore e capo progetto, il regista e sceneggiatore malese che ci ha positivamente schifato e terrorizzato in tutti questi anni con pellicole seminali del genere quali il primo
Saw, Insidious e L'evocazione (oltre che col buon Dead Silence) è stato scelto con cognizione di causa: in primis per il suo enorme background nel campo dell’horror, terreno sul quale ha saputo innovare e sperimentare sia nella costruzione della tensione sia per la capacità di saper gestire buoni intrecci di trama, in secondo luogo per la sua duttilità e capacità di adattamento nei confronti di generi diversi.
Etichettato dagli esordi come regista horror, Wan ha saputo reinventarsi nell’ambiente del cinema action con il settimo capitolo del franchise più remunerativo della Universal (
Fast & Furious, ovviamente) e sta per approdare nel mondo dei cinecomics con la regia di Acquaman per la Warner/DC, ergo è un giovane con le idee chiare e le capacità per poter reggere un progetto di tale peso facendo leva sui punti cardine che ne hanno decretato il successo in campo videoludico.
Quali?




Era il 1996 quando il primo
Resident Evilentrò nelle console di tutto il mondo rivoluzionando un genere e gettando le basi per l’intero mondo videoludico.
Il franchise di Capcom è oggi molto diverso da allora, è mutato più volte per seguire le richieste di mercato e utenti, e in più di un’occasione ha toppato alla grande sfornando titoli pessimi (
Resident Evil 6), improponibili (Outbreak, Dead Aim) e amenità varie ed eventuali. E per carità, ci sta.
L’ultimo titolo uscito (
Resident Evil 7), ennesimo stravolgimento del concetto alla base della saga, si proponeva come il tanto richiesto ritorno alle origini dopo anni di shooter in terza persona sempre più assurdi ed esagerati, andando a pompare a mille l’atmosfera e l’angoscia tipici della serie, eliminandone però gli amatissimi protagonisti e, cosa anche peggiore, gli avversari più iconici e identificativi del brand: gli zombi.
Il fanta/horror videoludico per eccellenza è oggi una trasposizione videoludica di
Non Aprite Quella Porta con una storia banalotta presa di peso dai vari Silent Hill e Outcast, perdendo qualsiasi pretesa di referenzialità e continuity, diventando di fatto una bestia diversa.
I giocatori però pare non abbiano gradito, in campo videoludico 3,5 milioni di copie vendute per titoli di tale portata non sono granché (basti pensare che
Resident Evil 5, uno dei capitoli più criticati, andò ben oltre i 7), cambiamento e miglioramento infatti non sempre sono sinonimi, e forse ripartire da zero con la saga cinematografica potrebbe ridare ai fan storici quello che hanno sempre chiesto a gran voce: il tanto atteso ritorno alle origini che in fin dei conti non è mai arrivato.



Si può affermare che il primo film di Paul W.S. Anderson (2002), pur discostandosi parecchio dalla continuity videoludica, fosse il film spiritualmente più fedele al primo capolavoro di Shinji Mikami.
Da quel momento in poi la virata action ha praticamente reso le pellicole con Milla Jovovich una sequela interminabile di piroette, roba che esplode, zombie digitali fatti malissimo, superpoteri random, sparatorie fintissime, personaggi buttati nella mischia alla cazzo di cane senza un minimo di background e dimenticati un attimo dopo e tanta CGI.
Tanta, pessima CGI utile solo a creare un distacco incolmabile tra lo spettatore e la sua già provatissima sospensione dell’incredulità.
Dal mio punto di vista è assolutamente necessario tornare all’origine: la Villa sperduta sulle montagne Arklay, le squadre Alpha e Bravo della S.T.A.R.S. di Raccoon City, poche armi e munizioni disponibili, un’ambientazione angosciante capace di creare un continuo clima di tensione, zombi e B.O.W. pronti a provocarci infarti, una colonna sonora da sincope e, ovviamente, l’Umbrella Corporation.
Resident Evil deve puntare a terrorizzarci, deve giocare con luci ed ombre, metterci ansia ogni volta che un personaggio gira un angolo, basta cazzate, basta azione in slow motion, basta personaggi scritti coi piedi e soprattutto…


Come detto, il primo film dava ancora una parvenza di fedeltà al materiale originale, Alice non era una supereroina, era una persona normale (per quanto addestrata) che lottava per sopravvivere come e meglio di tutti gli altri, ma la trovata del cazzo era dietro l'angolo: infettarla per donarle superpoteri (?!).
Da quel momento è stata una discesa pindalica nel ridicolo spinto, con una protagonista che faceva robe con la moto che neanche il freestyle motocross e correva sulle pareti, fino ad arrivare alla pirocinesi, alle onde d’urto, al berserk, ai cloni… ResiDragon BallEvil! Ma che è?!
Come potrebbe mai spaventarmi un film così? Cosa ce ne frega se un esercito di zombi attacca un personaggio se questo può incenerirli con un rutto?
Tutti vogliamo una protagonista femminile forte e cazzuta che salva il mondo, ma c’è modo e modo:
a un personaggio normale con delle debolezze posso affezionarmi, non ad a un maledetto Superman vestito da battona!
Che poi, se proprio, per vedere una tizia che si veste da idiota e fa numeri da circo ci sono già le Settimane della Moda, non serve un film, e di sicuro quel film non dev’essere
Resident Evil.


Bell’eroina di sta ceppa poi, questa Alice, a maggior ragione dopo le varie Jill Valentine e Claire Redfield che si sono succedute da una console all'altra...
Voglio dire, possiamo considerare
un’eroinala tizia che, in quanto protagonista nonché totale impedita, permette alla razza umana di ESTINGUERSI?! No, non si può.
La serie sembra gestita da uno schizofrenico grave: in
Apocalypse Raccoon City viene nuclearizzata per contenere l’epidemia, la cosa sembra riuscire, ma in Extinction(senza preoccuparsi di fare il minimo collegamento) il mondo è un fottuto deserto e la popolazione mondiale sterminata dal virus, tutti morti; solo che poi c’è Afterlife, con i suoi milioni di dipendenti Umbrella ancora vivi e le sue metropoli belle pulite; poi arriva Retribution dove il cattivone supremo sta ancora perfezionando il virus per venderlo al miglior offerente…ma A CHI se sono già morti tutti?!
La serie cinematografica di Anderson è stata uno stupro continuo, oltre che della saga videoludica e del buongusto, anche del basilare concetto di “causa-effetto”, proseguendo inesorabilmente verso il basso dimenticandosi protagonisti e comprimari tra un capitolo e l’altro senza un minimo filo logico.

Insomma, queste sono solo cinque delle innumerevoli e validissime ragioni per sperare che, dal maestoso materiale di partenza, James Wan possa tirare fuori da questo reboot qualcosa di epico, coinvolgente, terrificante ed esaltante, e non una ridicola vaccata messa in piedi per far lavorare la moglie del regista.
Perché, ribadiamolo, tutti amiamo la protagonista cazzuta, forte, capace di tenere testa a qualsiasi avversità e salvare la buccia (e il mondo) all’ultimo secondo, ma Alice e cartonati di contorno (tranne forse la Jill Valentine di Sienna Miller) se li sono già dimenticati tutti nonostante 6 film all’attivo, e pure giustamente.




E' necessario ripartire dalle basi, ricominciare da zero uno, dal primo capitolo di questa storica saga videoludica, tornando a personaggi d'impatto, enigmi mortali, sopravvivenza in condizioni estreme, agli zombi romeriani, al pericolo dietro ogni angolo, agli effetti speciali analogici di Nicotero e Savini, alla paura...magari stavolta usando pure due dita di testa.
E voi avete amato la saga? Come la fareste ripartire?
Per quanto mi riguarda, io non ho dubbi:




DEFENDERS - LA RECENSIONE SENZA SPOILER

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Si, sono stato via per un po’, le ferie e tutto il resto, ma poi lo sai che alla fine la routine riprende sempre, e quindi eccoci qui all’inizio di un nuovo anno multimediale.
Ci sono un po’ di cose in pentola, conoscendomi meno della metà vedrà la luce, ma da qualche parte bisognerà pur cominciare no?
E allora cominciamo da DEFENDERS


In  principio fu Daredevil, poi arrivò Jessica Jones, a seguire una seconda stagione dell’amatissimo Diavolo di Hell’s Kitchen per poi chiudere le origine degli ultimi due membri del quartetto con un soporifero Luke Cage e un appena sufficiente Iron Fist.
DEFENDERS, miniserie composta da 8 episodi disponibili tutti-e-subito come da tradizione per i prodotti Netflix Original, nelle intenzioni del colosso dello streaming mondiale sarebbe dovuto essere il suo personalissimo Avengers, riunendo fila e personaggi dai vari show realizzati all’interno del progetto Marvel/Netflix.
Nonostante due pesi morti come Cage e Iron Fist, sulla carta il tutto sembrava nato sotto i migliori auspici: gli showrunner (Petrie/Ramirez) e il fight coordinator (Silvera) della seconda stagione di Daredevil, ottimi protagonisti e comprimari dei quattro show riuniti in un unico enorme cast, un nuovo villain interpretato dalla mitica Sigurney Weaver, la battaglia decisiva contro la Mano…
Le aspettative erano altissime, il prodotto finale purtroppo risulta essere tutt’altro che perfetto.



La narrazione frammentata dei primi due episodi sbatte in faccia allo spettatore quello che in fin dei conti è un lungo prologo utile a recuperare le trame dei singoli show, appioppando ad ognuno il suo bel filtro/codice colore (virata sul rosso per DD, blu noir per JJ, giallo vintage blaxploitation per Cage e verde “speranza di vederlo fare qualcosa di sensato” per Iron Fist), scelta metanarrativa interessante e presa di peso dal linguaggio fumettistico che aiuta lo spettatore a focalizzare personaggi e storyline inizialmente separate, in attesa del primo incontro/scontro fra i quattro.
Incontro che avviene (dopo una vita) in maniera molto casuale, con il classico espediente del dover far fronte comune contro La Mano nella prima (ottima) battaglia corale corredata da tutto un punzecchiarsi/discutere/scambiarsi battutine/non fidarsi dell’altro incredibilmente riuscito.
I quattro “eroi di quartiere” interagiscono molto bene, il loro interfacciarsi e darsi man forte viene gestito in maniera perfetta, il tutto senza mai sacrificare la personalità specifica di ciascun personaggio, che resta coerente con se stesso: Devil è il solito il lupo solitario che fatica a legarsi e fare squadra, Cage il gigante buono indistruttibile, Jessica Jones la solita picchiatrice alcolizzata caricata a vaffanculi e Danny Rand…


Ecco Danny Rand è il solito insopportabile pirla, che continua a millantare nome e titolo di “immortale Iron Fist” a destra e a manca salvo poi risultare sempre l’ottuso minchione che capisce le cose per ultimo e che viene rigirato come un fesso un po’ da tutti, nemici e addirittura compagni.
Va detto, non partivo prevenuto: sinceramente la serie di Iron Fist per tematiche, evoluzione e personaggi secondari l’ho di gran lunga preferita a quell’inno all’orchite di Luke Cage, a mio avviso la più inutile e soporifera del mazzo, ma bisogna ammettere che la più grande pecca di Iron Fist è sempre stata proprio il suo protagonista.
Danny Rand era, nella sua serie personale, un personaggio stupido, ingenuo fino all’esasperazione, scritto male ed interpretato peggio da un tizio che non ha né il fisico né tantomeno le capacità atletiche per reggere il ruolo di maestro di arti marziali scalciaculi di prima categoria.
Ecco, in DEFENDERS è uguale: un inutile peso morto, la ruota buca che contribuisce ad azzoppare il tutto.
Certo non è l’unica magagna della Serie.


Netflix riesce, con DEFENDERS, a toppare nuovamente la scelta del villain: Sigourney Weaver sarà sempre nel mio cuore per Alien/Aliens, Ghostbusters e altri capolavori di formazione della mia persona, ma la sua Alexandra è poco più che una copia carbone del ridicolo Cottonmouth di LK, un personaggio fondamentalmente inutile che serve principalmente a dare al quartetto un singolo nemico di riferimento contro cui schierarsi per non lasciare troppe nemesi in ballo contemporaneamente, certo fino ad un prevedibilissimo [OMISSIS].
Oddio ma allora, tra una cosa e l’altra, è venuta fuori una ciofeca clamorosa?!
No, personalmente non me la sento di bocciare DEFENDERS, lo trovo uno show tanto galvanizzante in alcuni aspetti quanto debole in altri, ma certamente non da ignorare o da coprire di merda com’è stato fatto sui social un giorno dopo l’uscita.
Funziona come detto l’alchimia dei quattro tre protagonisti, ma i punti di forza della nuova serie Netflix si trovano quasi tutti in un cast a dir poco stellare e nella sua anima da “Avengers da strada”, in particolar modo nel suo modo di soffermarsi soprattutto sulle vicende viste e portate avanti nelle due stagioni di Daredevil: ecco, il bello che c’è in DEFENDERS sta tutto nel suo essere un Daredevil 2.5, con Luke Cage e Jessica Jones lì a far da comprimari di spessore, che funzionano proprio perché non si portano dietro troppo peso dalle rispettive serie, mentre tutto quello che non gira è direttamente riconducibile allo sciagurato Danny Rand/Iron Fist (tra l'altro con un ruolo a dir poco centrale nell'economia della storia). 


Camei a raffica e usati con la testa: Stick come sempre fantastico, Elektra continua bene il lavoro iniziato in Daredevil 2, Madame Gao è una sotto-villain da amare incodizionatamente, e poi Foggy Nelson, gli accenni di Karen Page e Patsy Walker…certo ad appesantire le gonadi ci sono la sempre (troppo) presente Claire, l'infermiera dei supereroi che conosceva tutti ma non ha mai pensato a fare un cacchio di gruppo WhatsApp, e quella monumentale spaccapalle di Misty Knight sempre tra i piedi e regolarmente a far danni, ma vedere protagonisti e comprimari interagire tra di loro è piacevole, dona spessore al tutto, lascia nello spettatore un senso di universo condiviso brulicante e in continuo movimento, cosa che da vecchio Marvel fan cartaceo non posso che apprezzare.
8 episodi che volano nonostante il ritmo altalenante, fra combattimenti forsennati e chiacchierate soporifere attorno al tavolo del cinese, e come ogni volta si ha l’impressione che accorciando il tutto di un paio di episodi il ritmo ne avrebbe solo giovato, ma tant’è.


DEFENDERS è una serie squilibrata (in tutti i significati possibili che vi possano venire in mente) con un’ossatura fragile quasi al limite del pretesto che viene puntellata regolarmente dall’ottimo cast, dalle dinamiche ben gestite tra i protagonisti e dalle (quasi tutte) ottime scene di lotta, con coreografie realizzate su più livelli atte a bilanciare qualche colpo di scena abbastanza telefonato e un villain poco credibile.
Cliffhangerone di fine stagione da mascella a terra, va detto.
Attesa spasmodica per la vera terza stagione di Daredevil e per il mai troppo vicino The Punisher, nella speranza che quel giorno Danny Rand e le sue menate esistenziali siano temporaneamente in un altro emisfero.
VOTO, SE PROPRIO DOBBIAMO FARE NUMERO: 7

Soon...


OCCIDENTALI'S KALMA - L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE UN BRADIPO DISCONTINUO

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Oh ma che fine hai fatto? Eh. Ci sono periodi che vanno così, quando sei lunatico e fissato a fasi alterne su, beh, tutto, come quando ci si fissa su una colazione piuttosto che un’altra per periodi tendenti a +infinito: per sei mesi non vuoi mangiare altro che quei biscotti, poi arrivi al punto di saturazione e giri tutto sui cereali, poi basta anche di quelli e ti butti sulle merendine, in un circolo vizioso infinito di zuccheri complessi.
Vivi si è vivi eh, occupati si è occupati, a volte non abbastanza da giustificare un’assenza di quasi
CINQUE MESI (vergogna)ma non ci puoi fare niente quando, in soldoni, non ti viene voglia di scrivere.

E non si può neanche parlare di
crisi dello scrittore quando scrittore non lo sei manco per la cippa, è una questione di equilibri (persi) come direbbe il Fabri, e succede quando il rimpiattino tra vedere\giocare\leggere qualcosa e recensirlo\parlarne è un rapporto 1:1 che ti viene semplicemente a noia.
Stima massima per gente come il
DocManhattan, Lucius Etruscus di 30 anni di Aliens o Cassidy de La Bara Volantee tanti altri che nonostante tutto (tutto = la vita che sta in mezzo tra una passione e l’altra) non mollano il colpo, sono sempre lì giorno dopo giorno, con la voglia di raccontarti cos’hanno visto\giocato\letto, come cazzo fate a tener botta così e a trovare il tempo ma soprattutto la voglia mannaggia a voi non lo so ma vi stimo, sempre, lo sapete.


Verrebbe da pensare quindi che in questi mesi dopo Defendersnon ci fosse effettivamente niente di valido sui radar, au contraire, perché i vari Dark, The Punisher, The Toys that made us e Black Mirrordi Netflix dove li vuoi mettere?
E nonostante il mondo si ostini ad esaltare solo
Gli Ultimi Jedi (del quale, per precisa scelta del mio fegato, non ho intenzione di parlare) andrebbe detto che Baby Driver, IT e Assassinio sull’Orient Express sono stati decisamente delle belle sorprese, o anche che nella sua cialtronaggine figlia di questo cinema di movimento moderno girato in commedia per adolescenti il nuovo Jumanji ha pur fatto la sua porca figura ignorante.

Come se non bastasse, nei ritagli di tempo concessi ad un lavoratore con
troppi hobby, PS4 e Switch (e 3DS) si sono passate più volte la palla e oggi come oggi, se dovessi dire quale tra Injustice 2, Super Mario Odissey, una nuova run sul primo Inazuma Eleven (in attesa di Ares), Dragon Ball FighterZ e l'inaspettato Captain Tsubasa Dream Team mi abbia succhiato più tempo ed energie sarei seriamente in difficoltà.

Fumetti pochi, invero, credo che per me il periodo d’oro sia passato, anche se
One Piece e The Walking Dead, contrariamente alle loro controparti televisive, non mancano mai l’appuntamento in casella (quando fanno la grazia di palesarsi) ed ho recuperato un paio di riedizioni valide come il magnifico volume del 30° anniversario dell’ALIENS di Verheiden (imprescindibile) e la nuova curatissima riedizione di DragonBall FullColor, una chicca per chi come me ci è cresciuto ed ha amato il manga originale (quanto e più dell’anime)
Diciamo che mi sono preso del tempo per me, e che se state leggendo forse è tornata anche un po’ la voglia di scrivere.
O è quello, o il senso di colpa.

Quindi si torna a scrivere? Beh di carne al fuoco ce n’è tanta e nei prossimi mesi aumenterà ulteriormente, magari si parte con qualche recap a muzzo per media per poi ripartire con le novità? Può essere, voi avete preferenze?
Bravi, intanto che ci pensate io mi ritiro in meditazione ascetica.
Occidentali’s Kalma.

DRAGON BALL FIGHTERZ, SUPER MARIO ODYSSEY E UNCHARTED THE LOST LEGACY - VIDEOGIOCANDOLI

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In questi mesi, come anticipato, ho avuto il piacere di provare e spremere a fondo diversi titoli per le varie console di casa e non: PS4, Nintendo Switch, 3DS e financo smartphone (incredibile ma vero).
Vogliamo spenderle due parole su diversi titoli che
hanno fatto mi hanno occupato il bello e cattivo tempo negli ultimi cinque mesi? Così magari a quest’ora un paio ve li beccate pure scontati e non a prezzo pieno come quel minchia del sottoscritto? Ma certo che vogliamo…
Partiamo da questi tre


"DLC ci chiami tua sorella!"



Spin-off, capitolo collaterale (ma perfettamente contestualizzato) dell’adventure Naughty Dog, una nuova storia tutta azione, colpi di scena, inseguimenti, tesori da scovare, sparatorie ed enigmi da risolvere, insomma il pacchetto completo delle classiche avventure di Nathan Drake. Però senza Nathan Drake.
Il protagonista si gode il meritato riposo dopo il rocambolesco
Uncharted 4 e lascia la nuova avventura nelle mani di Chloe e Nadine, personaggi conosciuti negli episodi precedenti, qui protagoniste assolute alla ricerca della leggendaria Zanna di Ganesh, manufatto di culto indiano d’inestimabile valore.

L’action videoludico incontra ancora una volta quello più smaccatamente avventuroso del cinema anni 80, il rischio di finire spiaccicati in fondo a un dirupo o traforati come uno scolapasta è sempre altissimo, l’esplorazione si prende i suoi tempi e si sofferma in diverse occasioni per lasciare al giocatore l’opportunità di godere di alcuni degli scorci più belli mai visti nella serie (e nel mondo videoludico tutto, se è per questo).
La sceneggiatura di
Uncharted 4 era sicuramente più elaborata (complice una durata della campagna offline ben maggiore), ma quella di THE LOST LEGACY non sfigura nel confronto, anzi risulta fruibilissima proprio perché molto più diretta, pronti via, brillante e dal ritmo serrato, prendendosi comunque la briga di approfondire come si deve le due protagoniste, il che non era certo scontato, così come non è scontato che la saga proceda con Chloe e Nadine lasciando Nathan in panchina, visto che…dai che lo sapete.

Unico neo? E’ il primo capitolo orfano di quel vecchio marpione mangiasigari di Sully, la qual cosa mi ha infastidito non poco, ma pazienza.
Dal predecessore, THE LOST LEGACY eredita personaggi, un motore grafico eccezionalmente ben bilanciato e meccaniche di gioco ormai consolidate, reimpacchettando il tutto in una campagna offline dalla durata sicuramente notevole per un’espansione stand alone (8 ore rigiocabilissime, cotiche!), senza contare il pieno supporto dello spassoso online di
Uncharted 4.
Giocabilità e grafica da podio sull’ammiraglia Sony, il tasso di rigiocabilità è alto (io tre giri e mezzo filati glieli ho dedicati), inoltre, a quel prezzo, è praticamente una scelta obbligata.

TASSO DI “DEVO AVERLO”(espresso in gabbiani voraci di Nemo):





"Dove stiamo andando non ci servono…Funghi"
Con l’idraulico mustazzone di Nintendo, nonostante quello che uno sarebbe portato a pensare sapendo della mia dipendenza grave per il mondo videoludico tutto, il rapporto non è che sia sempre stato propriamente una crema.
Certo, i primi vagiti li ho emessi su NES col primo
Super Mario Bros., proseguendo in lode e gloria col meraviglioso terzo capitolo, code da procione e cosce di rana comprese nel prezzo, ma non è stato certo sempre tutto rose e fiori, a partire da Super Mario Bros. 2 (per la storia del Doki Doki Panic reimpacchettato ad uso e consumo di noi pippe occidentali fatevi un giro su wikipedia, prego) e proseguendo tra avventure alla lunga mooolto ripetitive.

Tutto questo pippone per dire che si, apprezzo Mario (e il mai abbastanza compreso Luigi) e le sue sgambate multidimensionali ma, in soldoni, non tutto quello che ha un cappello rosso e una salopette luccica a priori.
Flashforward, 33 anni dopo (fischia) passando più volte dalle 2 alle 3 dimensioni, dai kart agli sport vari ed eventuali, dai remake di fatto ai paper/party/galassie di sorta, arriviamo a SUPER MARIO ODISSEY e finalmente il mondo ritorna a girare, o si ritorna a girare i mondi, a seconda.
Mettere le mani sull’ultima avventura del finto italoamericano più famoso del mondo (esistente o meno) è una di quelle cose che ti rimettono in pace con l’universo, che ti ridanno fiducia nell’umanità, a patto che si abbia un cuore e che, dopo decenni di sparatutto online e partite/mazzate varie, questo funzioni ancora.


SUPER MARIO ODISSEY fa parte della corrente dei Mario 3D e (come e più di
Mario Galaxy 2) riesce a creare attorno al giocatore un’atmosfera e un universo progettato nei minimi dettagli al solo scopo di fargli inumidire gli occhi ed allargargli un sorriso così in faccia dall’inizio alla fine.
L’emozione di muoversi per questi scenari folli e bellissimi, pieni zeppi di cose da fare, nemici da affrontare e possedere
sessualmente, è la quint’essenza di ciò che un videogioco, per sua natura, dovrebbe trasmettere al suo fruitore.
Certo, quell’idiota di Peach s’è fatta rapire un’altra volta e va ovviamente salvata da quel mostrocoso di Bowser che, a giudicare dal vestito, perlomeno se la vuole portare all’altare stavolta (prima d’inchiappettarsela, chiaro) ma è pur sempre Mario, della storia anche ‘chissene’,


che il vero protagonista è il gameplay, totalmente rinnovato e svecchiato: con la trovata della “possessione” infatti il gameplay si apre a un ventaglio incredibile di possibilità e novità tutte da scoprire, capitolo dopo capitolo.
Titolo imprescindibile per la nuova console Nintendo, gioia per gli occhi e (soprattutto) per il cuore.
TASSO DI “DEVO AVERLO”:




2D quanto vuoi, ma una kamehameha in faccia fa sempre male

Chi scrive è cresciuto soprattutto col manga, vero libro di testo per l’adolescenza nerd di noi selvaggi 80/90, ma ovviamente anch’io mi sparavo quelle interminabili puntate in tv: inizialmente fu la bellissima e demenziale prima serie sulle reti di terzo/quart’ordine con la sigla giappa originale meravigliosa e la programmazione altamente casuale, poi arrivò Italia1, prese a scatola chiusa tutto il blocco, gli appiccicò un paio di sigle tunz tunz dall’italiano incerto di Giorgio Vanni e voilàt, Dragon Ball Z arrivava finalmente in tutto il paese e fu logicamente successo nazionale.
 

In tutti questi anni, a partire dallo SNES passando per tutta una serie di console varie ed eventuali, una pletora di giochi tra il meraviglioso ed il pezzente ha riempito i nostri pomeriggi e le nostre case di urla incomprensibili, tornei infiniti, mosse assurdamente devastanti e pad sfondati.
Dopo il doveroso passaggio dal 2D al 3D, ed aver regalato ai giocatori di tutto il mondo titoli indimenticabili quali
Budokai Tenkaichi 2 o (perché no) i due buoni Xenoverse, con DRAGON BALL FIGHTERZ c’è stato un ritorno alle origini: il picchiaduro di Arc System Works, padri dei Guilty Gear e dei BlazBlue, si presenta in una strabiliante grafica 2D che sembra presa di peso dall’anime, anzi, molto meglio, sembra una meravigliosa cover in movimento continuo.
Una roba talmente spaccamascella che messa a confronto con un episodio dell’anime qualsiasi, il primo vince a tavolino e si porta pure a casa il pallone. Cioè, giudicate voi:



I ragazzi di Arc System però non si accontentano di tirare fuori un ottimo picchiaduro a incontri 3v3(parecchio più tecnico e profondo di quanto non appaia al primo giro di valzer) appeso alla solita modalità arcade, ma confezionano quella che probabilmente è lo story-mode più longevo nella storia del genere.
A dirla tutta, pure troppo, visto che per portarlo a termine al 100% occorrono non meno di 10 ore, che far evaporare quel cacchio di Androide n.21 non è ovviamente così semplice.
Niente di trascendentale, ve lo concedo, le tre storyline s’intrecciano un po’ alla cazzomannaggia ma sono comunque un buon pretesto per portare avanti la storia, e il tutto risulta studiato a tavolino per farci spremere un po’ tutti i personaggi del gioco (al momento il roster conta 24 ammazzasette, in attesa dei DLC), in modo da trovarci preparati una volta imboccato quel tunnel senza uscita che sono poi gli scontri online.

In appendice una modalità Torneo, una ovvia modalità Arcade e un sacco di robetta e robaccia da sbloccare con la moneta di gioco tipo avatar, sticker, repaint dei costumi utilizzabili e stronzatine varie per le quali i giappi vanno notoriamente fuori di testa.
DRAGON BALL FIGHTERZ pesca dal pollaio dei fan di Dragon Ball e da quello degli amanti del picchiaduro, certo come per tutti gli esponenti del genere alla lunga risulterà ripetitivo, ma è di sicuro un degno esponente del genere che merita parecchie delle vostre ore di veglia.
TASSO DI “DEVO AVERLO”:






E per adesso ci fermiamo qui ma tanto, lo sapete, c'è molto altro di cui parlare ;)
Alla prossima!
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